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Ho bisogno di un tutore enologico

  • 03 maggio 2013
    E fu così che io, pensando di essere piuttosto "avanti" nello studio e nella conoscenza del vino (anche in virtù dell'età non ancora da carampana), mi ritrovai a dover ammettere di non averci capito un'acca. Tutto nacque dalla lettura dei 4 tomi di Giovanni Bietti, la tetralogia de "il vino naturale in italia"! Me li sono presi e letti uno per uno seguendo rigorosamente l'ordine, per evitare di ritrovatrmi a avere a che fare con concetti accennati nel numero precedente e quindi difficilmente intelligibili senza le premesse.
    Intendiamoci, il lavoro è meritorio e io non avrei avuto tutta la pazienza dell'autore.
    Infatti non l'ho scritto io...
    Quello che emerge però dal quadro d'insieme dell'opera è piuttosto confusionario con, a distanza di una decina di pagine, lo stesso concetto riformulato in maniera contrapposta rispetto alla versione precedente. Dagli e ridagli mi sembra di aver capito una cosa: ogni associazione di vignaioli ha un suo codice etico-tecnico sebbene alcuni siano piuttosto specifici su cosa si può fare e cosa no, mentre altre rimangono più su una formulazione poetico-onirica un po' come certi programmi politici che accennano a far tornare il nostro paese agli splendori della Dolce Vita ma poi, non riuscendoci, ti dicono "beh, ma noi abbiamo fatto un accenno a una nostra aspirazione, mica abbiamo detto o si (ri-)fa l'Italia o si muore!"
    Insomma, addentrarsi nel mondo dei vini naturali riserva sempre una sorpresa dietro l'angolo: forse l'esempio più evidente è che molte aziende presentate come modello di viticultura integrata e ecocompatibile con il resto dell'ecosistema agricolo, fanno solo vino e in una superficie vitata decisamente maggiore ai 20 ettari massimi a cui l'autore ci suggerisce dovrebbero aspirare i viticultori naturali (una superficie controllabile a vista d'occhio da un'altezza simile a un primo piano di una casa di campagna con i soffitti alti)... ma appunto, come dicevo, quella è l'aspirazione, non la realtà.
    La realtà è fatta di, mi spiace dirlo, nomi che sono conosciuti dai frequentatori del vino naturale (me compreso) e che per i suddetti dovrebberpo rappresentare dei punti di riferimento, non sempre a ragione, di quel tipo di viticultura. Un po' come dire che un acquirente di vino industriale sa che ce ne sono tantissimi e magari buoni ma finisce col prendere Tignanello, Guado al Tasso, Cervaro, Terre alte, Caprai, Radici di Mastroberardino.... beh, insomma, avete capito
    La differenza sta nel fatto che i vini industriali, per quanto meno naturali per ovvie ragioni, hanno consolidato un sistema in cui le gerarchie sono grossomodo definite, mentre i vini naturali sono entrati nello scacchiere da molto meno tempo per cui è tutto un apparente fermento. Ogni due per tre ti schizza fuori un naturale più naturale della natura stessa e nomi che un paio di anni fa apparevano far parte dell'olimpo degli intoccabili che oggi non si menzionano nemmeno: due anni fa se non bevevi il MAGMA di Cornelissen eri un coglione, oggi lo stesso produttore è caduto nell'oblio.... eppure i suoi vini non sono cambiati. E' cambiato il modo di avvicinarsi a questi vini.
    E'evidente che, sgamato il gioco che naturale è buono, è bello, è salutare, i più avveduti han capito che è ANCHE di moda e si sono attrezzati di conseguenza. Se non siete aggiornati colpa vostra, la moda non vi aspetta! Se ancora siete attaccati al Rosso 2008 di Podere San Giuseppe (Stella di Campalto) Ca..i vostri! Oggi a Montalcino "tira" campi di fonterenza e paradiso di Manfredi (se ne parlava anche prima ma oggi sono loro the next big thing).
    Non facciamo il tiro al piccione, è inutile, tanto quelli di cui si parla oggi l'anno prossimo saran caduti nel semi-dimenticatoio a vantaggio di altri. Sono i media bellezza! non puoi parlare per un anno intero sempre dello stesso fatto, perdi la presa sull'utente finale, devi dargli sempre notizie nuove con buona pace del fatto che corrispondano o meno ai tuoi principi etici. Pecuniam non olet (i soldi non puzzano) e sono necessari per cui, magari con qualche piccolo mal di stomaco, elencati i principi generali si passa a indicare un modello come esempio, e pazienza se 6 mesi fa non se lo cagava nessuno, oggi è NUOVO quindi interessante, quindi lo devi far entrare nella categoria del naturale pure se anzichè dalla porta lo stai spingendo a forza dalla finestra... tanto fra 6 mesi starai parlando di altro. Amen
  • utente
    25 maggio 2013
    Diciamo che io in generale non seguo le mode e nemmeno le aziende credo debbano seguirle, poi è ovvio che in certi casi il mercato ti porta doverosamente a sceglire certi vini che vanno di moda, così le aziende ci vanno dietro, molte volte però a discapito della qualità, perchè certe zone sono adatte a certi tipi di vino, se tu ne produci di diversi che però vanno di moda, è ovvio che poi la qualità nè risente, spero che concorderai con il mio pensiero.......