Fisiologia del gusto - Anthelme Brillant-Savarin

Fisiologia del gusto - Anthelme Brillant-Savarin
Il piacere della tavola è di tutte le età, di tutte le condizioni sociali, di tutti i paesi e di tutti i giorni; può associarsi a tutti gli altri piaceri, e resta ultimo a consolarci della loro perdita.

martedì 28 febbraio 2017

IL MIELE


Fin dalla preistoria l'uomo ha fatto uso di miele e, di conseguenza, sfruttato l'operosità delle api. Già all'epoca, infatti, egli sottraeva il prezioso prodotto naturale dalle cavità degli alberi ove gli insetti avevano stabilito le loro sedi operative. Le prime
forme di apicoltura, per altro nomade, si svilupparono in Egitto al tempo dei faraoni, attorno al 3000 a.C. circa. Le arnie, venivano sistemate su delle chiatte, che fatte scendere lungo il corso del Nilo, erano poi ancorate ai margini dei prati o dei boschi in modo che potessero seguire le varie fioriture stagionali. Il miele e l'apicoltura erano così importanti nella cultura egiziana che anche i
corpi dei morti, quando seppelliti, venivano trattati con cera d'api e immersi nel miele per permettere una conservazione migliore e più lunga. In seguito anche studiosi e filosofi greci affrontarono lo studio dell'apicoltura e del miele: Senofonte, ad esempio, fu
il primo a ritenere che vi fosse un'ape regina alla guida di un'arnia, mentre, Aristotele, stabilì che durante uno stesso volo le api visitano una sola specie di fiori.
Il miele, prodotto dall’apis mellifica – che, attraverso un enzima specifico, trasforma il nettare dei fiori in questa dolce e fluida materia – e’ noto ed apprezzato sin dall’antichita’ non solo come un dolcificante naturale, ma come un vero e proprio alimento,
capace di produrre effetti benefici sulla salute dell’uomo proprio in virtu’ dei suoi componenti.
Per millenni il miele e’ stato l’unico dolcificante di cui l’uomo ha potuto disporre e ad esso e’ sempre stata accordata enorme importanza tanto da venire considerato, dalla mitologia greca e romana “cibo degli dei”.
Ci sono diversi modi di definire il miele. Dal punto di vista della biologia animale il miele deve essere considerato come un alimento di riserva: solo le api (e pochi altri insetti a loro simili) fanno miele perché solo loro, tra gli animali che si nutrono di nettare e polline, hanno la necessità di accumulare scorte di cibo.
Come alimento il miele può essere visto come una fonte di zuccheri semplici e per questo è un cibo altamente energetico e dolcificante. In questa categoria è l'unico che non necessita di nessuna trasformazione per arrivare dalla natura alla nostra tavola.
Il miele ha una natura duplice. Il ruolo delle api è fondamentale nell'elaborazione del prodotto: solo a loro è possibile compiere questo incredibile lavoro di spigolatura, di raccolta di minuscole goccioline per assemblare quantità significative di nettare, da trasformare poi con un processo altrettanto minuto e paziente. La materia prima di partenza però è di origine vegetale ed il miele
finito deve le sue caratteristiche, più che a ogni altro passaggio, alla natura, alle caratteristiche e alla provenienza della materia iniziale. Il nettare è una sostanza zuccherina che le piante producono proprio per attirare gli insetti, che si fanno così vettori
inconsapevoli dei polline, l'elemento fecondante, che viene in questo modo trasportato su altri fiori. Piante diverse danno nettari diversi e di qui nasce la varietà del prodotto. Anche il polline viene raccolto dalle api, ma non serve per l'elaborazione del miele,
ma come alimento proteico per le forme giovanili. Nel miele il polline è presente solo in piccolissima quantità, come componente accidentale.
Altro materiale di partenza per la formazione del miele è la melata, in questo caso, è la linfa stessa delle piante, della quale si nutrono insetti quali gli afidi e le cocciniglie. Il surplus di sostanza zuccherina non utilizzata da questi insetti viene riciclata dalle api.
Per passare dall'alveare alla tavola il miele richiede pochissimi passaggi: l'estrazione per centrifugazione e la purificazione per filtrazione e decantazione accomunano tutti i prodotti.
Al termine di queste operazioni il miele può già essere invasettato; possono però essere applicate anche altre tecniche,
finalizzate a una migliore presentazione, che devono essere applicate in modo da non cambiare le caratteristiche di partenza del prodotto. Infatti, secondo la definizione legale del prodotto, al miele destinato alla commercializzazione come tale non può essere né aggiunto niente né sottratto alcuno dei suoi componenti.
La cristallizzazione guidata, della quale esistono diverse varianti, è una tecnica finalizzata ad ottenere prodotti cristallizzati in maniera fine ed omogenea (miele cremoso). Utilizza esclusivamente procedure molto semplici concettualmente, meccaniche o basate sull'abbassamento della temperatura che, pur migliorando le caratteristiche fisiche ed estetiche dei prodotto, non ne alterano la sostanza. Trattamenti termici possono essere utilizzati con diverse finalità, per esempio per fluidificare i mieli già cristallizzati per invasettarli o filtrarli, o allungare il tempo di vita del prodotto allo stato liquido: hanno sempre un effetto negativo sul prodotto in termini di perdita di aroma e sostanze termolabili, che però è proporzionale alla temperatura raggiunta e alla durata del riscaldamento stesso.

L’ENERGIA DEL MIELE
Il miele è formato quasi esclusivamente da zuccheri: questi infatti rappresentano dal 95 a più del 99 % della sostanza secca e gli zuccheri semplici, fruttosio e glucosio, ne costituiscono la maggior parte (85-95 %), generalmente con prevalenza del primo. Le proprietà fisiche e nutrizionali del miele sono dovute in gran parte a questa composizione e, in particolare, all'alto contenuto in fruttosio.
Tra i "dolci" il miele è il più ricco di zuccheri semplici e l'unico che deve tutte le sue caratteristiche alla natura (piante e api) in quanto non subisce alcuna manipolazione da parte dell'uomo per arrivare sulla nostra tavola. Il grande vantaggio del miele è di poter apportare all'organismo calorie prontamente disponibili, senza richiedere processi digestivi e senza apportare, nel contempo, sostanze indigeribili o dannose. Da questo deriva il suo valore sia per le persone sane che deperite o ammalate.
Il miele inoltre non è consigliabile per quelle persone che presentano dei problemi nel metabolismo degli zuccheri (diabete), a meno che non venga inserito nella dieta su indicazione del medico specialista. Chi deve ridurre drasticamente il livello di calorie ingerite (obesi in cura dimagrante) deve fare attenzione all'uso del miele come alimento, in quanto bisogna ricordare che l'apporto energetico del miele è notevole (320 kcal/100 g).
Ma anche per chi ha tendenza a ingrassare il miele può essere utilizzato come dolcificante con dei vantaggi rispetto allo zucchero. Infatti l'elevato contenuto in fruttosio di tutti i mieli, e in particolare di quello di acacia, è responsabile dell'elevato potere dolcificante. Quando si usa miele per correggere il sapore di un cibo (per esempio una macedonia, uno yogurt) o di una bevanda (tè, latte, spremute ecc.) si usa, in realtà, una quantità di sostanze nutrienti un po' inferiore rispetto a quello che si farebbe utilizzando zucchero da cucina (saccarosio), in quanto il miele è "più dolce" dello zucchero.

IL MIEL LIQUIDO O CRISTALLIZZATO
L'immagine tipo del miele è quella di un liquido denso, brillante, di colore ambrato. Oggi quasi tutti sanno che tutti i mieli sono liquidi al momento dell'estrazione, ma che poi, nella maggior parte dei casi, in un tempo variabile da pochi giorni ad alcuni mesi, interviene la cristallizzazione. Questo è un processo naturale, che non comporta variazioni se non di aspetto. Si sviluppa in modo variabile nei diversi prodotti a seconda della composizione, e quindi dell'origine, della temperatura di conservazione e di altri
fattori di tipo meccanico e fisico. E' dovuta semplicemente al fatto che la maggior parte dei mieli contengono disciolti più zuccheri di quanti ne possano mantenere stabilmente in soluzione (soluzione sovrassatura). L'evoluzione naturale in quasi tutti i mieli è quindi quella in cui gli zuccheri in eccesso, soprattutto glucosio, precipitano sotto forma di cristalli. La cristallizzazione è
più rapida nei mieli più ricchi di glucosio (tarassaco, girasole, colza). Nei mieli poveri in glucosio e ricchi in fruttosio (acacia, castagno, melata), invece, non interviene o si sviluppa tardivamente e in maniera incompleta (mieli velati o pastosi, ma non compatti). Le temperature fresche (14 - 16° C) la velocizzano, mentre temperature molto basse (da congelatore) o calde (estive) la bloccano.
I cristalli cominciano sempre a formarsi dove trovano un "appiglio", per esempio una minuta particella solida o il fondo e le pareti del vaso. Anche l'agitazione del prodotto può promuovere la formazione di cristalli in un miele liquido e accelerarla in un miele in
corso di cristallizzazione.
Una volta cristallizzato il miele si presenta con caratteristiche diverse a seconda di come si sono combinati i diversi fattori:
esistono per questo mieli con aspetto più o meno omogeneo, a cristalli grossolani o finissimi, a consistenza compatta o cremosa.
Queste diversità possono segnalare, ad un occhio esperto, l'origine e la "storia" del prodotto, ma non possono, data la complessità
del fenomeno, essere prese come riferimento assoluto per identificare la genuinità o meno del miele.
Da ricordare che, al di fuori della stagione produttiva, i soli mieli che si mantengono stabilmente liquidi sono l'acacia, il castagno e le melate. Negli altri la presentazione allo stato liquido dipende da un trattamento termico di rifusione ed è noto che il riscaldamento produce una perdita di alcune caratteristiche naturali del miele.
Il miele cristallizzato acquistato può essere riportato eventualmente allo stato liquido per mezzo di un opportuno riscaldamento (a bagnomaria a temperatura non superiore a 40°C).
IL MIELE E LA SUA CONSERVAZIONE
Il miele è notoriamente un prodotto lungamente conservabile: questa affermazione non va però presa in maniera assoluta, in quanto, come per altri prodotti analoghi, il passare del tempo non apporta vantaggi al prodotto, anzi. Il primo problema riguarda la possibilità di fermentazione. Questa alterazione interviene nel giro di alcune/parecchie settimane quando il miele presenta un eccessivo contenuto d'acqua; questo accade se non è stato portato ad un sufficiente grado di "maturazione" prima dell'estrazione dall'alveare. Un miele fermentato non è comunque dannoso per la salute, ma è sicuramente un prodotto degradato
e deve essere gettato. La legge vieta la vendita per l'uso diretto di miele fermentato ed è quindi molto raro trovare in commercio miele in questo stato.
la fermentazione è il difetto più grave e irrimediabile, tale processo avviene per lo sviluppo di lieviti, un miele fermentato presenta al gusto un sapore leggermente acidulo.
Il processo fermentativo è direttamente proporzionale alla percentuale di acqua che vi è in un miele, con una percentuale sotto al 18% di umidità il processo è inibito.
Un miele fermentato o in fase di fermentazione è irrimediabilmente perso, l'unico suo uso consentito e quello industriale, ne è, infatti, vietata la vendita.
Questo invecchiamento ineluttabile del prodotto avviene con velocità proporzionale alla temperatura di conservazione. Pressoché trascurabile sotto i 10° C è via via più rapida tanto più si innalza la temperatura. Due mesi a 30° C danneggiano il prodotto quanto un anno e mezzo di conservazione a 20°. Anche in questo caso il miele non diventa mai nocivo per la salute, ma perde le caratteristiche peculiari del prodotto fresco. Tanto più è di recente produzione, tanto più è buono e salutare; ma il prodotto di un anno di età, conservato bene, può ancora essere considerato un prodotto fresco, tanto è vero che la maggior parte dei
produttori scrupolosi indica in due anni dalla raccolta il periodo preferenziale di consumo.
La luce diretta danneggia il prodotto almeno quanto il calore, ed è quindi utile conservare i vasi di vetro all'interno di scatole di cartone o in armadietti chiusi. Occorre infine fare attenzione al sistema di chiusura dei recipienti. Essendo igroscopico il miele tende ad assorbire l'umidità (e gli odori!) dall'ambiente.

I MIELI UNIFLORALI
Il miele può essere di origine floreale e provenire principalmente da una specie concreta; in questo caso, deve contenere almeno un 51% del nettare di quel determinato fiore e si chiamerà miele monoflorale.
I mieli presentano evidenti differenze conseguenti alla diversa origine botanica. Si parla di miele uniflorale quando questo proviene principalmente da un'unica origine botanica e ne risulta sufficientemente caratterizzato dal punto di vista della composizione e delle caratteristiche organolettiche e microscopiche. In altre parole per potersi considerare uniflorale un miele deve essere riconoscibile come tale dal punto di vista delle analisi di laboratorio e, cosa che più ci interessa, per le caratteristiche di aspetto, profumo e gusto.
La produzione di mieli uniflorali è possibile per quelle specie che sono presenti in grande abbondanza in zone sufficientemente estese.

I MIELI MILLEFIORI
In genere si definiscono millefiori (multifiora o anche poliflora) quei prodotti che non possono essere definiti uniflorali.
Questa definizione al negativo non deve essere intesa come un'assenza di carattere o una minore qualità di questi prodotti. Non esiste un'unica categoria di millefiori, ma tante quante sono le possibili combinazioni di piante.
Ogni millefiori possiede proprie caratteristiche che si ripetono di anno in anno con variazioni più o meno importanti, ma che non nascondono la base: il paragone con le annate del vino è il più appropriato.
A volte i mieli millefiori sono caratterizzati da una presenza botanica che prevale e che costituisce il nucleo del miele, ma che è accompagnata da una costante flora concomitante che ne costituisce la specificità, e nello stesso tempo non permette la denominazione uniflorale. Per esempio, il miele dell'Emilia Romagna a base di erba medica, più corposo di quello che sarebbe questo miele in purezza.
In altri casi due fioriture in grado di dare anche raccolti separati si sovrappongono per diverse cause: molto comune, in tutto l'arco alpino, il miele misto di castagno e tiglio, che coniuga due aromi diversi e molto forti, in un millefiori speciale.
Altre volte le componenti del miele sono davvero mille, come capita per il prodotto delle fioriture di alta montagna o come certi mieli primaverili della macchia mediterranea: dire da che cosa dipende quel certo aroma è impossibile, ma il risultato è comunque straordinario.
In molte zone i mieli millefiori prodotti presentano caratteristiche esclusive e costanti quanto quelle descritte per i mieli uniflorali: esistono quindi prodotti regionali identificabili attraverso denominazioni di origine. In alcuni casi queste denominazioni sono protette a livello europeo (DOP, Denominazione di Origine Protetta o IGP, Indicazione Geografica Protetta).

LA QUALITA'
A fare la qualità del prodotto concorrono numerosi aspetti.
Primo elemento di qualità la genuinità e salubrità del prodotto: in questo caso, però, il problema non si pone, in quanto scegliere miele vuol dire, in ogni caso, scegliere un prodotto ottimale da questo punto di vista.
E' genuino in quanto la denominazione commerciale di miele è ammessa, per legge, solo per il prodotto che sia fatto dalle api a partire da nettare o da melata: non esistono, in altre parole, mieli "artificiali" o fatti con lo zucchero; prodotti del genere non possono essere legalmente commercializzati.
Al miele commercializzato come tale non è permessa l'aggiunta di nessun altro prodotto. Niente conservanti, quindi, non ce ne sarebbe bisogno, ma neanche coloranti o aromatizzanti: l'aroma e il colore del miele sono quelli che gli derivano dalle piante bottinate dalle api.
Altro criterio di qualità, la buona conservabilità del prodotto, che è collegata a un basso contenuto d'acqua. In questo caso è l'apicoltore, o comunque chi commercializza, a selezionare i mieli in modo da garantirne la qualità sotto questo punto di vista.
L'odore e sapore di fermentazione e di acido confermeranno eventualmente la diagnosi. Anche un miele con eccesso di umidità non ancora alterato ma predisposto alla fermentazione, può essere individuato facilmente dall'eccessiva fluidità.
Un altro elemento di scelta, in quanto parte importante della qualità, la freschezza del prodotto: per poterla valutare sarebbe necessario avere l'indicazione della data di produzione oppure di quella di un termine preferenziale di consumo.
Al di là di queste informazioni, un sintomo di invecchiamento e di conservazione a temperatura eccessivamente elevata la separazione di fasi, cioè l'evidenziazione di uno strato di miele liquido alla superficie del prodotto cristallizzato.
Anche i prodotti che hanno subito dei trattamenti termici devono essere considerati impoveriti rispetto agli equivalenti non riscaldati.

IL MIELE VERGINE INTEGRALE
L'indicazione "miele vergine integrale" è nata per distinguere una varietà di miele con caratteristiche qualitative superiori a quelle previste per legge per la denominazione di base (miele). Secondo il disciplinare che ne definisce la produzione, il miele
vergine integrale è un prodotto tradizionale, estratto per centrifugazione, con umidità idonea a garantire una lunga conservazione naturale, che non ha subito trattamenti che possono modificare le caratteristiche proprie del miele fresco appena estratto e, in particolare, non ha mai subito riscaldamenti a temperatura superiore a 40° C. Viene inoltre conservato in modo da mantenerne inalterata la composizione e presenta quindi le caratteristiche compositive e organolettiche proprie della sua origine naturale e delle particolari procedure di produzione e conservazione seguite.

Il disciplinare stabilisce infine che il miele vergine integrale commercializzato con un'indicazione relativa all'origine botanicapossegga determinati requisiti di composizione che permettano di garantire l'effettiva unifloralità.

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