La sentenza è solo l'ultimo passo di una storia unica nel suo genere. Gualtiero Marchesi, infatti, è riuscito realmente a trasformare la cucina in arte. Le foto raccolte in libri sontuosi sono foto d'autore. E i suoi piatti in tavola alla Triennale lo consacrano caposcuola degli chef italiani, padre di una cucina elevata a cultura scientifica che ha dato al nostro paese prestigio mondiale.
Il "Dripping" di pesce, realizzato con la tecnica dell'Action Painting di Jackson Pollock, l'artista americano considerato il più rappresentativo dell'espressionismo astratto. Il "Foie gras tartufato", invece, è un omaggio a Lucio Fontana. Le "animelle con olio, sesamo tostato, carote e soia" si ispirano a Fautrier. Le "verdure sbianchite e poi condite con olio e limone e un uovo poché raffreddato", sono ispirate a Burri, e vengono completamente ricoperte di un velo di nero di seppia, con le tecnica a spruzzo. Tutto è realizzato secondo le tecniche dei più grandi artisti, ma secondo i principi di una grande cucina. Su base territoriale. Creativo, esteta, provocatore ma saldamente radicato nelle tradizioni, ancorato alla materia, agli ingredienti, alla valorizzazione dei microclimi che lui- sposato a una pianista e grande appassionato di musica classica - definisce le note dello chef. Il suo ristorante immerso nel parco dell'Albereta, hotel di lusso del gruppo Terra Moretti, in Franciacorta, tra vigneti e sculture d'autore.
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